Fioritura Castelluccio di Norcia

La fioritura di Castelluccio è molto più di un’esperienza turistica-sensoriale, è una palingenesi, un rito ancestrale che ci proietta in una dimensione sconosciuta.

L’apocatastasi indica la ricostituzione di ogni cosa creata alla fine della storia, potremmo definirla la ciclica “restituzione” o “ristabilimento” del cosmo dopo la sua distruzione; e la fioritura ha un po’ questo sapore, oggi più che mai; non si compone di un unico momento, ma prende vita in diverse forme e cicli, ondeggia come una marea trascinata dal vento e mossa da correnti sotterranee. Eraclito nella sua concezione di realtà come eterno divenire lasciava spazio alla ricorrente rinascita, un “eterno ritorno” delle cose e delle anime.

Ogni ciclo ha una diversa colorazione. Sono pochi i giorni gloriosi in cui si mescolano colori differenti tanto da inondare la superficie del mare.

Per non parlare della differenza tra la fioritura spontanea dei campi incolti, ancora selvaggi, che si ha già a maggio e se è molto caldo anche ad aprile, e la fioritura dei campi coltivati che è molto più compatta e ordinata, con i fiori sull’attenti come brave sentinelle al passaggio del comandante (e questa parata si ha a partire dalla fine di giugno, quando è molto freddo o piovoso può arrivare anche a luglio).

Frammenti di pura ed incontaminata bellezza (se non fosse per l’invasione barbara di auto e umani attrezzati di tutto punto: telefonino, macchina fotografica, grandangolo e treppiedi; insomma tutto ciò che serve a documentare il proprio safari nel cuore della savana di Castelluccio).

Fioritura Castelluccio di Norcia
Fioritura Castellucio di Norcia @credits cresceregirovagando.com

E siamo qui, anche noi, a scattare la foto rigorosamente a distanza! Non vogliamo perdere l’attimo fuggente, nella piena consapevolezza di trovarci di fronte ad un’opera d’arte alla quale si deve religioso rispetto e silenziosa sottomissione.

Pennellate che assaggiano i colori e trasmettono via etere le emozioni di Castelluccio di Norcia straziata dal terremoto e ammantata di struggente bellezza. Un inno alla vita e uno slancio verso la ricostruzione, speranza che si staglia su un orizzonte indefinito.

Il miracolo è avvenuto anche quest’anno, la transustanziazione ha avuto luogo, e l’altopiano si incarna in un tappeto di colori a 1300 metri di altezza. L’umile lenticchia, piatto dei poveri nella civiltà contadina, assurge a fioritura d’arte, creando un mosaico levantino baciato dal sole che ne illumina l’emotività cromatica. Su questa sublime bellezza si allunga però un’ombra scura, quella della distruzione operata dal terremoto su borghi antiche e comunità legate da tradizioni profonde.

Il fotografo Pierluigi Orler ne aveva tratto una magnifica mostra personale, presentata a suo tempo al Mart di Rovereto, che ci restituisce quella bellezza nella sua integrità, prima delle fratture insanabili e ferite ancora aperte. Una realtà congelata in “ardite istantanee” che trasforma in arte visiva. Una sintesi capace di tenere in equilibrio perfetto luci, colori e spazi infiniti. Le sue foto spaziano dai soggetti di architettura (non più aimè) alle complesse geometrie generate dalla natura.

Un influsso potente, trovarsi al cospetto di sua maestà la natura nella piena esplosione d’inizio estate, magnetico come quello esercitato dalla luna sulle maree.

Fioritura Castellucio di Norcia @credits cresceregirovagando.com

Un rituale che si ripete, scandisce le stagioni della vita, riconducendolo lì, in quel bagno di luce, ardua sfida da immortalare con la sua macchina fotografica al collo. Lo sguardo, quell’occhio estraneo fuori dal cranio, cerca di catturare il momento in cui la placidità dei pascoli viene scossa dalle onde dei colori: dal giallo ocra delle lenticchie, al rosso dei papaveri, fino al blu prezioso dei fiordalisi (paragonati a lapislazzuli). Onde che si accendono, che salgono e scendono lasciando entrare fiotti di luce da cieli cangianti e mutevoli.

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E qui la natura intreccia le proprie dita a quelle degli uomini della terra, agricoltori, pastori, artigiani. Una comunità che ha fatto della resilienza la propria bandiera continuando ostinatamente a vivere, rifiutandosi di lasciare una terra ferita ed inginocchiandosi per piantare nuovi semi.  

Possiamo scegliere, anche noi, di essere di volta in volta il fotografo audace o il coltivatore impenitente; scegliere di continuare a diffondere tutta la conoscenza e la bellezza contenuta in una fioritura ideale; la bellezza e la forza di prepararci alla stagione della sua, e nostra, rinascita.  


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