Ciclostile Associati

Cà Inua. Marzabotto, Bologna.

Ciclostile Architettura (Giacomo Beccari, Gaia Calamosca, Alessandro Miti) 2020

(Inua è una parola di lingua inuit che significa “l’essenza di tutte le cose”, è un concetto spirituale che accomuna tutti gli esseri e che è principio di armonia tra i viventi. Kainua è l’antica città etrusca che sorgeva nei pressi dell’attuale cittadina di Marzabotto.)

Tratto dalla presentazione del progetto sul sito del Gruppo

Colpisce profondamente in questo progetto la nitida precisione con cui il programma progettuale si è articolato e configurato, come a sovrapporsi ad un territorio arcaico, concreto fatto di materia che non conosce ambiguità stilistiche e formali, una casa/laboratorio che raggiunge con semplicità l’essenziale tema originario dell’architettura.

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Ciclostile Architettura ha questa cifra stilistica in ogni piega del suo percorso professionale, ed in effetti dobbiamo prendere spunto da questa evidente coerenza formale per scavare verso gli argomenti concettuali che li hanno condotti fin qui, frutto di una attenta elaborazione costante di principi identitari, come a voler significare la loro adesione ad una pratica architettonica densa, quasi umanistica.

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Questa “casa” vive la sua solitudine nel territorio come un faro luminoso, marca con forza contemporanea il profondo rapporto con la storia, con l’impianto pre-esistente, con la montagna che ne innerva la geologia naturale, per dare all’artificio dell’architettura la giusta collocazione nel mondo e nello spazio.

Inua in lingua inuit significa ”l’essenza di tutte le cose”, sia in senso spirituale che nella pratica dello sviluppo di una comunità di uomini e donne, come nel caso di questo spazio di elaborazione e di abitazione del collettivo “Panem e Circenses”.

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“Quattrocentometriquadrati” di pietra, di legno e di cemento, di spazi duri e morbidi concatenati tra presente e passato, circondati da un alone di magia, e impreziositi da un rivestimento di legno bruciato, antica tecnica presente negli appennini, di grande impatto evocativo, elemento dialettico tra architettura e arte: una installazione permanente per una mostra concettuale permanente.

L’originalità di quest’opera risiede nella felicità del gesto creativo e nella capacità di Ciclostile Architettura di costruire percorsi dinamici di rara bellezza, di coerente razionalità, nella giustapposizione delle funzioni che convivono, dialogano, sussurrano tra loro, come a costruire l’essenza stessa della casa, fatta di silenzi e di parole, di persone e di progetti di ricerca.

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Anche in questo caso l’esempio che ho scelto nella loro vasta produzione ci conduce come un indizio alla ricerca dell’articolazione delle loro tematiche, alle scelte, all’impostazione scientifica e poetica della loro capacità di dare al genius loci la giusta e credibile interpretazione, nel tempo presente e in qualche ipotesi di futuro.

Oltre a queste brevi considerazioni va sottolineato l’impegno intellettuale dei progettisti che coltivano l’idea che questo mestiere debba avere un gradiente etico, prima che estetico e che la dialettica tra le due discipline non sempre è evidenziato come in questo caso, nell’impianto volumetrico restituito alla montagna.

Il principio etico della composizione per il tempo presente si ritrova negli impianti, nelle aperture verso l’esterno (minuscole a nord, molto grandi a sud) per sfruttare al meglio il ciclo virtuoso dei consumi e dell’energia, tutte caratteristiche che assomigliano a sfide superate e non alle quotidiane imposizioni normative.

Il rapporto anche fisico, visivo tra interno ed esterno rimarca la capacità di Ciclostile Architettura di dare un senso compiuto a principi materiali che possono a prima vista sembrare antitetici, la forza e la potenza dello scrigno-carapace-volume e la luminosità delicata e leggera degli ambienti che assumono funzioni diversificate tra momenti pubblici di laboratorio e spazi privati, intimi.

Il rapporto dialettico con il contesto prevede uno scambio di parole-segni temporali e funzionali, perché siamo comunque in un territorio particolarmente delicato da un punto di visita ambientale e dunque la montagna riesce a dare forza vitale, quell’energia della terra che rende l’architettura ancor più emozionante.

E’ un progetto-manifesto-concerto riuscito, compiuto in tutte le sue sfaccettature, che rappresenta la scelta di posizionarsi in un ambito ben preciso, dove la ricerca, il controllo dell’espressività formale e l’impianto generale plano-volumetrico sembrano costruiti in sequenza, in flusso continuo di informazioni, in un punto preciso della storia dell’architettura contemporanea che è sempre in cerca di stili che possano essere considerati eponimi.

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[…] Il silenzio non è acustico, è un cambiamento della mente, un mutare direzione. Dedicai la mia musica al silenzio. Il mio lavoro divenne un’esplorazione della non intenzione.

Per portarlo avanti fedelmente avevo sviluppato un complicato modo di comporre utilizzando le operazioni casuali dell’I Ching, facendo sì che la mia responsabilità consistesse nel porre domande invece che nel fare scelte.

[…] Il silenzio non esiste. Il silenzio è una diversa condizione mentale.

Nel silenzio ci sono tutti i rumori che ci sono. L’ascolto con molta cura. In generale mi piace ascoltare, mi piace così tanto che non smetto mai. Penso che a chiunque piaccia il suono ami il silenzio che è pieno di suoni.

(John Cage)

Ho scelto di far parlare materiali chiari, linee precise, nuovi arcaismi ci conducono verso un futuro di forme nuove, di parole complesse ma che ci appaiono conosciute, sentite perché il motto che apre questo loro progetto ci racconta di una “essenza di tutte le cose” come principio di armonia tra i viventi, meglio di così l’architettura in tutte le sue dimensioni non potrebbe esprimersi ed avere senso per l’Uomo e per il Pianeta.