Per lo studio noa* – network of architecture, il ciclo della mela nel corso dell’anno é il focus vitale del progetto.

Protagonista di primo piano dell’Apfelhotel Torgglerhof a Saltusio in Val Passiria (Alto Adige) è proprio il frutto proibito: la mela.

Il progetto firmato da noa*, un giovane studio di progettazione con base a Bolzano, che si è nutrito dell’humus di un talento quale Matteo Thun, è oggi organizzato come un network capace di attingere da diverse specifiche competenze, grazie alla vasta rete di relazioni che hanno saputo mettere in campo. Un gruppo di lavoro con architetti e designer – diretto dai due fondatori Lukas Rungger e Stefan Rier – dal respiro internazionale e movenze fluide, che cambia e si modifica per seguire al meglio ogni singolo progetto.

Apfelhotel Torgglerhof , Saltusio in Val Passiria (Alto Adige)
Apfelhotel Torgglerhof , Saltusio in Val Passiria (Alto Adige)

L’abbrivio del progetto di ampliamento di cui è protagonista l’Apfelhotel Torgglerhof è stato il ciclo naturale di crescita che circonda il frutto “proibito”. Dalla fioritura al periodo di riposo, passando per l’affinamento, ogni fase viene interpretata e tradotta nella particolare atmosfera che si respira in questo luogo incantato.
Gli edifici dislocati tra agriturismo e albergo sono organicamente armonizzati a formare un insieme che sorge tra i meleti, circondato dalla natura.

L’albergo è stato ampliato integrando nove stanze e un’area wellness di nuova concezione, mentre le aree pubbliche – reception, ristorante e bar – già facenti parte dell’edificio sono state interamente ristrutturate. L’interno e l’esterno si fondono fino a creare un’unica entità; questo senso di continuità colpisce fin dal primo momento quando gli ospiti vengono accolti dalla “fioritura”, un’esperienza sensoriale portata in vita da tonalità cromatiche fresche e primaverili, profumi e materiali leggeri e naturali.

Apfelhotel Torgglerhof , Saltusio in Val Passiria (Alto Adige)
Progetto Apfelhotel Torgglerhof , Saltusio in Val Passiria (Alto Adige)

Colori tenui e la purezza dei fiori di melo sono la cifra stilistica caratterizzante elementi a pareti e tessuti di arredo.

“Un camino, che si ispira al forno storico che si utilizzava sui prati nei periodi di freddo più rigido, separa lo spazio tra la reception e il bar accanto” ci raccontano i fondatori dello studio.

Trasferire il fascino dell’orto e la natura circostante negli spazi interni è uno degli elementi centrali del pensiero progettuale del team; così come gli oggetti storici legati alla raccolta delle mele sono serviti come fonte di ispirazione, ad esempio, per dare forma alla reception. 

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Il ristorante si dissolve nel paesaggio impalpabilmente filtrato da pareti scorrevoli in vetro di grandi dimensioni; la linea di demarcazione tra lo spazio interno e quello esterno è solo immaginaria e permette una forma di dialogo ininterrotto tra questi due universi in divenire. 


Le nuove camere sono ospitate nell’affascinante fienile, che ha mantenuto la struttura esterna con i suoi travi e puntoni a vista e grandi logge vetrate, mentre il piano terra funge da museo “su misura” per raccontare la storia della mela e le tradizioni agricole tipiche del territorio.

Le camere incarnano la fase dell’affinamento (in questo ideale viaggio sulle tracce della filiera produttiva) rese ancora più autentiche dalla presenza delle classiche casse di mele, con le quali i progettisti hanno ironicamente giocato, rendendole sia elementi di arredo che allestimento d’interni.

Gli architetti hanno individuato una superficie lignea decorativamente innovativa come UNDICI. In questa declinazione la materia viene reinterpretata attraverso lavorazioni al laser – tecnologicamente avanzate – capaci di conferire una nuova identità alle superfici. Sviluppata in collaborazione con Inkiostro Bianco Labha portato alla definizione di una texture unica nel suo genere, lavorata come un’opera d’arte e portatrice di una nuova forza evocativa che emerge dalle incisioni laser e dai tagli indelebili della materia. Il nuovo linguaggio contemporaneo apre nuovi orizzonti progettuali rappresentando un prezioso strumento nelle mani di architetti ed interior.

Undici, su base Rovere francese, viene minuziosamente cesellato facendo emergere i segni nascosti nelle fibre del legno, che attendono solo di essere liberati e portati in superficie; vere e proprie incisioni d’autore, texture geometriche in cui linee e decori si intrecciano sulla pelle lignea in un continuo gioco di luci ed ombre. Un concetto di modularità che dà vita a pattern ipnotici amplificando l’effetto tridimensionale dei segni grafici.

La fase di riposo si appropria invece dell’area wellness, qui l’ospite entra in simbiosi con la natura circostante – la sauna è mimetizzata nel verde – una vera e propria “wood therapy” di atavica memoria, che si riscontra nella terapia dell’abbraccio degli alberi, una tecnica ben nota e praticata nella società “nordiche” alla ricerca di emozioni profonde e un contatto più diretto con l’ambiente circostante.

Dulcis in fundo, il nostro sguardo viene calamitato dalla sauna; una struttura “teatrale” che riprende la dolce sagoma di una collina, ricoperta dal verde del prato, con un’unica grande apertura inquadrata da una curva in cemento a vista. Ottenere una forma così pura ed essenziale era il desiderio dei progettisti: “Della struttura volevamo solo far vedere questa curva e la vetrata e poi solo il prato che la sovrasta” – spiega Christian Rottensteiner – che ha diretto i lavori on site in tutte le sue fasi. All’interno della sauna ci sono i colori della terra e materiali naturali come il legno. «Abbiamo deciso di entrare nella terra, perché è da lì che tutto inizia», ci dice Lukas Rungger, riferendosi al ciclo di produzione del frutto per eccellenza.


Da un punto di vista strutturale l’anello in cemento, che ha il bivalente compito di dare forma alla facciata e al contempo funzione di contenimento del terreno, è stato prefabbricato in cantiere con apposite forme e poi montato in opera . Preservare l’atmosfera familiare e catturare il fascino del paesaggio circostante, riportandolo nell’architettura, erano le linee guida da cui partire. Così, il network di competenze viene allargato, coinvolgendo falegnami e scalpellini locali, privilegiando quando possibile materiali autoctoni: «È come uscire, prendere i materiali che ti circondano e metterli nel progetto», è questa l’immagine scelta da Rungger per descrivere il senso ontologico di quest’opera.

L’Apfelhotel è uno di quei rari casi che mette d’accordo pubblico e critica.  Il progetto si è piacevolmente imposto all’attenzione internazionale, meritando varie nomination ad importanti premi di architettura (per il German Design Award, l’European Hotel Design Award e l’Inside Awards). E il nome di noa* compare anche nella short list stilata dal World Architecture Festival.


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